Centro di Neurochirurgia Endoscopica

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Terapia

Cenni storici sulla terapia

I primi tentativi di terapia dell'idrocefalo (la patologia era conosciuta fin dai tempi del greco Ippocrate), condizionati dalle pressoché nulle conoscenze della sua anatomia e fisiopatologia, furono necessariamente empirici, sporadici, e con risultati generalmente nulli (bibl. 33).
Furono utilizzati purganti come il rabarbaro (z) , la gialappa (aa) , il calomelano (bb) e l'olio. sostanze diuretiche, iniezioni intraventricolari di iodio, fasciature della testa, salassi oppure trapanazioni craniche. Si giunse anche alla legatura delle carotidi.
È superfluo ribadire come tali presidi non ebbero effetto alcuno anzi, quasi sempre il trattamento fu origine di complicanze anche gravissime.

Terapia medica dell'idrocefalo

La terapia medica dell'idrocefalo non è sicuramente risolutiva, ma può essere di valido supporto in attesa dell'intervento chirurgico. Può, inoltre, essere utilmente somministrata nell'idrocefalo post-emorragico (ma non in quello acuto) del prematuro. Infatti, durante la terapia, si può assistere ad una ripresa della normale funzione di riassorbimento del LCS.
I farmaci utilizzati sono essenzialmente della categoria dei diuretici, ma con differente meccanismo d'azione. Gli uni (acetazolamide, furosemide) agiscono diminuendo la secrezione di liquor a livello dei plessi coroidei. Gli altri (isosorbide) aumentandone il riassorbimento a vario livello.
Per la possibilità di indurre nel tempo effetti collaterali anche molto gravi (soprattutto squilibri metabolici) e per le numerose controindicazioni, la terapia medica è inadatta per trattamenti "cronici" e deve essere attentamente monitorata.

La terapia chirurgica

In generale, lo scopo delle diverse tecniche proposte per la terapia dell'idrocefalo è quello di ristabilire con mezzi diversi la dinamica liquorale, o più specificatamente, la circolazione del liquor, alterata da blocchi situati sia all'interno sia all'esterno del sistema ventricolare.

In pratica, quando possibile, è razionale prospettare un intervento diretto mirato alla rimozione chirurgica della patologia che ha prodotto idrocefalo (ad es.: plessectomia in caso di iperproduzione del liquor; rimozione della neoplasia in caso di idrocefalo ostruttivo da neoplasia della fossa posteriore; etc). In questo modo, si porrebbe rimedio, in un sol tempo, alla patologia primaria ma anche a quella secondaria (idrocefalo). Purtroppo tale evenienza è piuttosto rara.
Più spesso è necessario ricorrere a misure collaterali, rivolte a combattere l'ipertensione endocranica. Queste ultime sono utilizzate prima dell'intervento principale, per ridurre la pressione intracranica e facilitare l'exeresi chirurgica; dopo il medesimo, quando è necessario "detendere" il contenuto intracranico, a causa della presenza di edema cerebrale o di disturbi vasomotori per alterazione della autoregolazione o a causa del persistere di alterazioni della dinamica liquorale (incompleta canalizzazione delle vie liquorali, insufficiente riassorbimento del liquor). Infine. il ricorso a queste misure diviene obbligatorio quando non siano proponibili altre alternative.


Si distinguono tre tipi fondamentali di intervento collaterali, intesi a ristabilire la dinamica liquorale:

metodiche consistenti nell'impianto di sistemi derivativi interni intra-extracranici, costituiti da un tubo di silicone che consente lo sfogo di liquor accumulato dal sistema ventricolare cerebrale nell'atrio cardiaco destro o in una cavità sierosa, con flusso regolato da una valvola meccanica unidirezionale. Questo trattamento non porta alla guarigione ma risolve transitoriamente il problema.

tecnica a lungo utilizzata in passato con risultati alterni ma con notevole rischio chirurgico, oggi invece divenuto accettabile grazie alla tecnica endoscopica e la selezione dei pazienti, e con risultati eccellenti. La tecnica consiste nel mettere direttamente in comunicazione ventricoli cerebrali e cisterne subaracnoidee. È l'intervento più utilizzato in caso di idrocefalo infantile da stenosi dell'acquedotto di Silvio.

tecnica che consiste nella intubazione dell'acquedotto mediante una spirale di tantalio lasciata a dimora. Oggi è praticata solo da pochi neurochirurghi. Ha indicazione specifica nella stenosi dell'acquedotto di Silvio. Di solito, essendo eseguita con tecnica endoscopica, viene associata alla ventricolocisternostomia.

La terapia intrauterina

Partendo dalla constatazione dell'importante miglioramento dello status neurologico dei pazienti operati di shunt in età neonatale, si è da molti ipotizzato che la decompressione effettuata direttamente sul feto durante la vita intrauterina potesse portare ad ulteriori miglioramenti.
Dopo le prime esperienza di Birnholz and Frigoletto (bibl. 46), che eseguirono ripetute cefalocentesi percutanee per trattare in utero un feto idrocefalico, con risultati, tuttavia, del tutto insoddisfacenti, le esperienze cliniche ma soprattutto sperimentali si moltiplicarono e si pensò di utilizzare una derivazione ventricolo-amniotica (1983) come soluzione del problema (bibl. 47) . Nonostante i primi entusiasmi, anche questa soluzione diede scarsi risultati, poiché frequentemente l'idrocefalo risultava associato ad altre e più gravi malformazioni del sistema nervoso, spesso non diagnosticate anche per inadeguatezza dei sistemi, o perchè l'effetto proprio dello shunt veniva meno a causa di migrazioni o ad ostruzioni sistema drenante.
Risulta evidente che, se un beneficio è pensabile per il feto usando le procedure intrauterine, le indicazioni devono essere considerevolmente ristrette alla sola ventricolomegalia progressiva isolata, cioè senza malattie associate (bibl. 48) . È stato calcolato (bibl. 49) che l'incidenza di malformazioni del Sistema Nervoso associate assommi al 70-84%: ciò porterebbe l'incidenza dell'idrocefalo puro a percentuali comprese tra il 4% ed il 14%, che sarebbero le indicazione alla chirurgica intrauterina.
I miglioramenti nella definizione e nel rilevamento dell'immagine delle attrezzature ecografiche di ultima generazione e l'utilizzazione della recente RM con scansioni ultraveloci per la diagnosi fetale (bibl. 50) , sono passi importanti per la diagnosi precoce e differenziale dell'idocefalo progressivo fetale.
È pensabile che, in un prossimo futuro, risolti anche i gravi problemi legati ai rischi di un tale tipo di chirurgia, sia per la madre che per il feto, parzialmente risolti con l'approccio endoscopico, il discorso della terapia intrauterina potrà essere ripreso.

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(z) Il Rabarbaro è una pianta di origine cinese, le cui parti utilizzate anche oggi in erboristeria sono il rizoma e le radici. Ha funzione purgante stimolante; a basse dosi è un eupeptico. La funzione purgante è sostenuta principalmente dalla presenza di glucosidi di antrachinoni, che stimolano la normale peristalsi del tubo digerente e che determinano, a livello del colon, un ridotto riassorbimento dei liquidi, favorendone l'eliminazione con le feci.
(aa) Detta anche radice del conquistatore o ipomea scammonea messicana [nome botanico: Exagonium purga], la gialappa è una pianta di origine messicana o del Sud-America, che viene coltivata in Europa a scopo ornamentale. Estratti di radici di gialappa agiscono come irritante intestinale e costituiscono. pertanto, un drastico purgativo e catartico.
(bb) Dal greco καλός = bello e μέλας, μέλανος = nero, in quanto, a contatto con gli alcali, assume un colore nero intenso, il calomelano è un minerale (cloruro di mercurio) che veniva usato, in tempi antichi, come purgante. Purtroppo molti pazienti morirono per avvelenamento da mercurio!
(cc) Il dispositivo consisteva in una cannula introdotta nel ventricolo laterale di un neonato con idrocefalo. Essa fu lasciata in situ per prelievi ripetuti per cinque giorni, fino al decesso del paziente.
dd Per durata mediana di uno shunt si intende la mediana del tempo intercorso tra l'impianto della derivazione e la sua revisione.
(ee) Arne Torkildsen (1899 - 1968) fu un neurochirurgo norvegese che per primo descrisse l'intervento che si può considerare precursore dell'intervento di ventricolocisternostomia endoscopica.
(ff) Lo "stent" è un dispositivo costituito da un tubetto cavo di maglia metallica di dimensioni adeguate che, introdotto per via endoscopica nel canale acqueduttale, serve a mantenerlo pervio, realizzando una vera e propria "plastica" del medesimo.

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