Centro di Neurochirurgia Endoscopica

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Civiltà Andine e Precolombiane

Nel Nuovo Mondo la trapanazione era una pratica ben conosciuta non solamente presso le popolazioni del Nord (reperti sono stati ritrovati negli stati USA del Maryland, della Georgia e del New Mexico, ma anche nella British Columbia canadese e persino in Alaska) ma anche, e soprattutto, presso le civiltà precolombiane Azteca, Maya, Zapoteca e, in particolare, quella Inca.
PiramideNell'area Maya non vi sono casi certi di trapanazione, ma vestigia di abrasioni occipitali, da semplici assotigliamenti a perforazioni complete, tutte in via di guarigione, in crani di infanti (soprattutto nella zona nord della penisola dello Yucatan). Non è chiaro il perché di tali dolorose pratiche presso i Maya. Si suppone che l'abrasione cranica facesse parte di un piano di rimodellamento del cranio, come peraltro già riscontrato in ritrovamenti peruviani [vedi sopra].
Centinaia di crani rinvenuti nelle tombe delle altre civiltà precolombiane mostrano, invece, una o più perforazioni. Le tecniche, oltre alla abrasione (senza dubbio la prima documentata), comprendevano l'incisione, la perforazione, il taglio con la sega o l'incisione a linee rettangolari intersecantisi, che risulta quella utilizzata più frequentemente [vedi figura in basso a destra].
Cranio PrecolombianoUna delle tecniche di trapanazione maggiormente usata era anche quella che consisteva nel praticare, intorno alla zona fratturata o all'area da rimuovere, una serie di piccoli fori e poi di unirli mediante tagli: la zona così "tagliata" era poi asportata usando piccole leve. Il cervello esposto veniva, in seguito, protetto da sottili lamine di legno duro e tamponi di cotone.
Se il trauma cranico era così esteso da sconsigliare la trapanazione, la parte lesionata del cranio veniva protetta da uno casco protettivo costruito con "gessi".
TumiGli strumenti chirurgici utilizzati dai medici Inca per la trapanazione cranica, chiamati "tumi", consistevano in coltelli, seghe e scalpelli fatti, nei tempi più antichi, di selce od ossidiana, e poi di metallo (oro, rame, bronzo o ferro) temprato. Il tipico tumi era costituito da una lama a mezzaluna molto affilata agganciata ad un manico metallico, spesso abbellito con figure animali o umane [a sinistra un esempio in oro]. I margini del tumi potevano anche essere seghettati. Lo strumentario era completato da scalpelli, perforatori e piccoli trapani, preferenzialmente in bronzo. Tutti questi strumenti sono stati spesso raffigurati, incisi o dipinti, sul vasellame della civiltà Mochica nel nord del Peru (III e VI secolo d.C.).
Certamente la ideazione di questi strumenti per la trapanazione cranica è antecedente alla nascita della potenza Maya, il cui governo si fece poi garante e controllore di questa pratica medica.
I risultati degli interventi di trapanazione sono sorprendenti: nella maggioranza dei casi (secondo le casistiche, dal 62,5 al 55.3% dei casi) l'intervento era efficace e consentiva al paziente una lunga sopravvivenza.
Da ultimo, è noto che presso i Maya fosse in uso l'anestesia. Bevande alcooliche o varie preparazioni derivate dalla pianta della coca servivano a sopportare il dolore. Bisogna tuttavia ricordare che, nelle trapanazioni terapeutiche dopo trauma cranico, il paziente era il più delle volte anestetizzato ... dal coma derivante dal trauma.

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