Centro di Neurochirurgia Endoscopica

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Walter E. Dandy

Sedalia (1886) - Baltimora (1946)

DandyWalter Edward Dandy nacque il 6 Aprile del 1886 in un piccolo paese della prateria americana, Sedalia, nello stato del Missouri (USA). Il padre, socialista e seguace della "Confraternita di Plymouth", una setta religiosa che predicava il ritorno di Gesù sulla terra, era emigrato due anni prima da un piccolo borgo, Barrow-in-Furness, del Lancashire, nella lontana Inghilterra.
Walter crebbe in una piccola casa, sulla quinta strada, dove vivevano altri emigranti inglesi, che lavoravano, come suo padre, macchinista, nella ferrovia.

Studente della Sedalia High School, si diplomò nel 1903 ed entrò nella Università del Missouri a Columbia, dove ottenne il suo B.A. (Bachelor of Arts, equivalente alla nostra laurea generica, n.d.r.) nel 1907. Si iscrisse ad un corso biennale di Medicina, ma, poi, decise di traferirsi alla Facoltà di Medicina della Johns Hopkins University di Baltimora, dove lo iscrissero direttamente al II anno e dove si laureò in Medicina nel 1910.

Già da studente, Dandy aveva destato interesse in alcuni dei suoi professori. L'anatomico Franklin P. Mall gli affidò un piccolissimo embrione umano perché lo studiasse. I risultati di questo studio ("A human embryo of seven pairs of somites measuring 2 mm. in length") furono pubblicati nel 1910.
William Stewart Halsted, professore di Chirurgia, gli consigliò di passare il suo primo anno alla Johns Hopkins nel Laboratorio Hunteriano di Chirurgia Sperimentale. Qui ebbe modo di conoscere Harvey Williams Cushing, che il Laboratorio aveva fondato e che era, a quei tempi, Professore Associato. Nel Laboratorio, Dandy collaborò alla ricerca sulle ghiandole pituitarie di cane e di gatto e sulla loro irrorazione sanguigna.

Dal 1911 al 1912 fu assistente di Cushing. Ma la convivenza di due uomini con personalità e temperamento così forti e così simili fu molto difficile; erano come due galli in un pollaio. In capo ad un anno, i contrasti tra loro non si contavano più.
Quantunque le ragioni del contendere non siano del tutto certe, si sa, dalle lettere che Dandy inviava alla famiglia, che i loro rapporti divennero tesi per differenza di opinione circa i risultati delle ricerche sull'ipofisi e sull'idrocefalo.
I rapporti peggiorarono vieppiù nel 1912, quando Cushing lasciò Baltimora per assumere la Cattedra a Boston, alla Harvard University, e decise di non portarlo con sè, come aveva promesso.

Una tale situazione poneva Dandy in grave difficoltà, avendo egli disdettato il suo incarico alla Johns Hopkins per l'anno a venire. Venne in suo soccorso il direttore dell'ospedale, Winford Smith, offrendogli un posto con un residente di pediatria, Kenneth Daniel Blackfan, ed il dr. Halsted in persona, che lo considerava uno dei suoi allievi più promettenti, nominandolo suo assistente. Dandy rimase al Johns Hopkins fino alla morte, nel 1946.
Dandy si immerse, con il suo nuovo compagno, nello studio della dinamica liquorale e della patogenesi dell'idrocefalo e l'anno dopo, a soli 27 anni, ne pubblicava i risultati in un rapporto ormai classico (Internal hydrocephalus, an experimental, clinical and pathological study. With Kenneth Daniel Blackfan. American Journal of Diseases of Children, Chicago, 1914, 8: 406-82.).

Gli anni dal 1917 al 1918 sono fondamentali per la storia della chirurgia del rachide e dei ventricoli cerebrali.
Dandy, ancora specializzando in chirurgia, stava studiando la possibilità di localizzare i tumori del Sistema Nervoso Centrale mediante i raggi-X. Nei 100 pazienti, portatori di sintomatologia clinica suggestiva di un processo espansivo, da lui studiati, la loro efficacia diagnostica si era rivelata scarsa, limitantosi a dimostrare a volte, ma solamente come epifenomeno dell'ipertensione endocranica, la distruzione della sella turcica.
Era necessario poter mettere in evidenza i contenuti del rachide e della scatola cranica, non solamente i contenitori. Provò con l'uso di sostanze radio-opache nell'animale da esperimento. La definizione era eccellente, ma si accompagnava a una irritazione delle strutture nervose inaccettabile. L'idea di usare l'aria come mezzo di contrasto gli venne osservando le radiografie di un suo operando di ulcera tifoide perforata che mostravano una raccolta di gas sotto la cupola diaframmatica.
Così, nel 1918, iniziò a studiare pazienti nei quali aveva immesso aria nei ventricoli cerebrali mediante un opportuno foro di trapano ovvero mediante la puntura diretta di una fontanella (Ventriculography following the injection of air into the cerebral ventricles. Ann Surg, Philadelphia, 1918, 68:5-11). Non solo. Ma iniettando aria attraverso una puntura lombare nello spazio subaracnoideo spinale era possibile visualizzare anche il midollo (Röntgenography of the brain after the injection of air into the spinal canal. Ann Surg, Philadelphia, 1919, 70:397-403).
Dandy fu il primo a scoprire la metodica. Due anni dopo, due ricercatori, il tedesco Adolf Bingel ed il norvegese Sofus Widerø, all'insaputa uno dell'altro e senza conoscere la scoperta di Dandy, localizzarono un tumore midollare usando la contrastografia ad aria. Bingel la chiamò pneumoencefalografia o, più semplicemente, encefalografia ad aria.

Ma il Dandy chirurgo non fu da meno del Dandy ricercatore.
Nel 1917 effettuò la prima asportazione "completa" di un neurinoma dell'acustico. Cushing, nell'intento di non mettere a rischio la vita del paziente, preferiva, in caso di tumori dell'angolo ponto-cerebellare (solitamente neurinomi dell'acustico), incidere la capsula esterna, asportare la massa tumorale, lasciando intatta (e in situ) la capsula interna del tumore. Dandy sperimentò un approccio chirurgico al tumore più radicale: ingresso per via posteriore, suboccipitale, con reclinamento del lobo cerebellare, ed estirpazione in toto della neoplasia, capsula interna compresa.
Con tale tecnica operò, in modo soddisfacente, cinque pazienti affetti da neurinoma dell'acustico e ne fece oggetto di un articolo, apparso nel 1925 su Surgery, Gynecology and Obstetrics di Chicago (An operation for the total removal of cerebropontile (acoustic) tumors. Surg Gynecol Obstet, Chicago, 1925, 41:129-48). Nella casistica erano presenti anche pazienti affetti da nevralgia del trigemino o del glossofaringeo.

ErniaCushing si infuriò, ritenendo "da temerari all'estremo" l'effettuazione di una rimozione totale di quelle neoplasie. Nei fatti, la mortalità operatoria di Dandy era più elevata di quella di Cushing (10 vs 8%), ma l'intervento radicale metteva il paziente al riparo dalla recidiva, cosa che invece non accadeva ai pazienti di Cushing, molti dei quali, infatti, morirono per questo motivo.
Pioniere delle chirurgia vascolare intracranica, Dandy, nel 1929, operava un paziente con aneurisma della arteria cerebrale media e, nel 1937, in un paziente con un aneurisma della carotide interna destra, per la prima volta nel mondo applicò una clip d'argento sul suo colletto e poi coagulò l'aneurisma.
Grazie all'introduzione della mielografia ad aria, Dandy fu il primo, nel 1929 a dimostrare che la nevralgia sciatica ed i deficit ad essa connessi erano legati non ad un tumore, come si pensava fosse ("one sees only what one knows"), bensì a materiale erniato della cartilagine intervertebrale (Loose Cartilage from Intervertebral Disc Simulating Tumor of the Spinal Cord. Arch Surg, 19:660-672, 1929).
Infine, si interessò della sindrome di Menière (vertigini, acufeni e progressiva perdita dell'udito). Il suo intervento consisteva nel praticare una piccola apertura nelle cellule mastoidee dell'orecchio e nel sezionare l'VIII nervo. Chiaramente, l'intervento prevedeva il sacrificio della capacità uditiva residua. Nel 1931, adottò la tecnica di McKenzie, che prevedeva la recisione della sola branca vestibolare dell'VIII nervo. Dandy praticò anche la resezione bilaterale, ove necessario, ma con risultati totalmente insoddisfacenti.

L'immane attività di ricerca e operatoria di Walter Dandy è documentata nei suoi 156 articoli. Molto note sono le sue monografie sui tumori (del III ventricolo, dei ventricoli laterali, orbitari) e sugli aneurismi intracranici, dapprima pubblicate in Lewis' Practice of Surgery e poi separatamente come Surgery of the Brain nel 1945.

Walter Edward Dandy è universalmente riconosciuto come un chirurgo capace, rapido e dalla manualità eccezionale. Incredibile anche la sua capacità diagnostica. Si racconta che un giorno gli fosse presentato un paziente, già sotto anestesia. Dopo averlo esaminato brevemente, Dandy sentenziò che dovesse essere aperto subito a destra per drenargli un ascesso. Una volta constatata l'esattezza della diagnosi, un collaboratore stupefatto gli chiese come avesse fatto. La risposta di Dandy fu: « Caro collega, Dio deve avermelo sussurrato in un orecchio ».
Nel suo reparto si operava, in media, sei giorni la settimana. Ogni giorno venivano messi in programma 5/6 interventi importanti, comprese una o due craniotomie per tumore.
Fu maestro nell'accettare le sfide che la nuova specialità, la Neurochirurgia, gli andava sottoponendo, ma anche nel risolverle brillantemente. Il suo motto era « Know the hazards and avoid them » (conosci i rischi ed evitali). Leggendario il suo approccio chirurgico alla fossa posteriore "bloodless" (senza sanguinamento). Un concetto, il ridurre al minimo il sanguinamento, che aveva sicuramente ereditato da colui che fu per alcuni anni il suo maestro, Harvey Cushing, e che facilitava la buona riuscita dei suoi interventi. Un altro (notevole) contributo venne dalla sua iniziativa di creare e mantenere funzionante, pur con i limiti terapeutici dell'epoca, una stanza di terapia intensiva postoperatoria nel suo reparto.

Cortese, gentile, generoso ed altruista come il padre, dalla madre aveva ereditato l'anticonformismo, la schiettezza, l'irascibilità e la mania perfezionista. Nel 1924 si era sposato con una dietista del Johns Hopkins, Sadie Martin, dalla quale aveva avuto quattro figli: Walter jr., Mary Ellen, Kitty e Margaret. Era molto legato alla sua famiglia e alle gioie e alla quiete della vita domestica. Il raro tempo libero da impegni professionali o familiari lo occupava giocando a golf o a bridge, oppure leggendo di storia della Guerra Civile americana. Amava i treni e anche viaggiare, soprattutto in estate per le vacanze nella West Virginia o d'inverno, in Florida.

Morì di trombosi coronarica a Baltimora, nel 1946, pochi giorni dopo il suo sessantesimo compleanno.
Dopo la pubblicazione del suo primo studio sull'idrocefalo, William Halsted aveva commentato: « Dandy non riuscirà più a fare una cosa simile a questa. Pochi sono, infatti, gli uomini che riescono a dare più di un grande contributo alla medicina ». Si sbagliava. Quello era solamente l'inizio.

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