Centro di Neurochirurgia Endoscopica

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Dal Mesolitico alle Prime Civiltà

cranio MaroccoNel 1962, la studiosa francese Denise Ferembach riportava, in una pubblicazione del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) di Parigi, i risultati di una ricerca svolta, per conto dello stesso CNRS, in un paesino delle montagne del Marocco orientale: Taforalt. Qui, all'ingresso della valle di Zegzel, a 3 km dal paese, nella necropoli posta all'interno della caverna detta "del Piccione", fu rinvenuto un cranio, databile al Mesolitico, più precisamente all'Ateriano o all'Iberomaurusiano (10.000 anni circa prima di Cristo). Il cranio presentava segni di perforazione.
Trattasi, quasi certamente, del più antico riscontro di chirurgia cranica.

Durante lo studio dei resti fossili di 14 soggetti svolto presso gli scavi delle necropoli di Dnieper Rapids, nella regione di Saratov (Kiev, Ucraina), e precisamente nel campo Vasiljievska II, fu scoperto lo scheletro (n. 6285-9) il cui cranio mostrava segni evidenti di trapanazione. L'esame al radiocarbonio faceva datare il reperto tra il 7300 e il 6220 a.C.
Trattavasi di un uomo adulto, dell'apparente età di 50 anni, il cui cranio presentava una depressione sul lato sinistro con i bordi ossei in rilievo e una scalinatura nel centro, segni evidenti di cicatrizzazione durante la vita. La completa chiusura della breccia ossea era dimostrazione che l'uomo era sopravvissuto, e per lungo tempo, all'intervento.


cranio 5100 a.c.Di poco "più giovane", se così si può dire, è lo scheletro ritrovato negli scavi di Ensisheim nell'Alsazia (Francia). La sepoltura data 5100-4900 a.C. e contiene i resti di un uomo di circa 50 anni di età che presenta due trapanazioni craniche.
La prima, in area frontale, delle dimensioni di 6.6 x 6.1 cm, completamente cicatrizzata; la seconda, posteriore alla prima, chiusa solo parzialmente, date le sue enormi dimensioni (9.40 x 9.14 cm).
Entrambe le trapanazioni sembrano essere state prodotte con la medesima tecnica: perforazioni dell'osso in più punti con lame di selce, unendo poi i punti con incisioni intersecantisi.
Anche in questo caso, e ancora più del precedente, la presenza di neoformazioni ossee evidenti (una addirittura produce rimarginazione completa) depongono per un completo successo dell'intervento.

Sempre in Francia, ma questa volta nel distretto Seine-Oise-Marne, il ritrovamento di camere tombali, databili 2.000 a.C. circa, contenenti un gran numero di crani trapanati fa pensare che, presso queste popolazioni, questa pratica avesse, forse, un significato rituale. Sembra che, sulla base del numero dei crani ritrovati, la Francia sia stata un importante centro di "chirurgia cranica" negli anni dal 1.900 al 1.500 a.C.
Antecedenti di mille anni (3.000 a.C.) sono, invece, i ritrovamenti nell'area danubiana, abitata da uomini della razza Carpato-danubiana.

Per restare in Europa, numerosi i ritrovamenti di inumazioni di individui sottoposti a trapanazione anche in Italia.
crani con trapanazioneNel Nord, a S. Martino (LC), la tomba di una donna, databile all'Età del Bronzo (2200-1600 a.C) Nell'abitato di Catenaso (BO), in una delle due fosse "focolari", databili alla tarda fase del villanoviano bolognese (Età del Ferro) fu rinvenuto un raro caso di trapanazione cranica eseguita nella nuca.
Nel Centro-Sud, nella Grotta Patrizi (Sasso di Furbara - Roma) è stato rinvenuto uno scheletro, risultato affetto da varie patologie, con segni di trapanazione cranica. Negli scavi del villaggio di Catignano (PE) è il rinvenimento italiano forse più antico (4400-3900 a.C.): quello di una donna sopravvissuta a ben due trapanazioni craniche.
Nelle Isole, a Stretto-Partanna (TR) è stata segnalata una trapanazione cranica effettuata con uno strumento di pietra ben affilata. Probabilmente di ossidiana o forse di rame erano, invece, gli strumenti utilizzati in Sardegna, dove la pratica della trapanazione era ampiamente diffusa, soprattutto nella zona nord dell'isola (Alghero e Sassari), come dimostrano i ritrovamenti nella grotta di Sisaia (Dorgali, NU), inquadrabili al 1600 a.C., e le sepolture di Su Crucifissu Mannu (Porto Torres, SS). Preferenzialmente trattavasi di individui adulti, che presentano perforazioni nella parte destra del cranio, maggiormente esposta ai traumi perché non protetta dello scudo durante i combattimenti. In questi casi l'operazione potrebbe essere stata eseguita a scopo terapeutico (evacuazione di ematomi, sollevamento di fratture infossate, ecc.). Comunque l'esito deve essere stato quasi sempre fausto, come dimostrano i numerosi processi di riossificazione riscontrati.

Tra le aree archeologiche più importanti è senz'altro da porsi quella della penisola di Paracas in Peru. paracasL'area, prevalentemente desertica, posta in un comprensorio che comprende anche l'altopiano di Nazca, famoso per le sue misteriose "Linee", e la città di Ica, sede un museo storico dove sono conservati molti reperti, è stata ampiamente studiata da un archeologo peruviano, Julio Tello.
Egli ha rinvenuto numerose sepolture della civiltà pre-Inca Paracas (databile circa 4000 anni fa), ottimamente conservate grazie al processo di mummificazione, imputabile al clima secco del deserto.
Tra i reperti ritrovati numerosi crani sottoposti a trapanazione ma anche deformati in varia misura [immagine a destra]. Le deformità sono attribuibili alla pratica, presso queste popolazioni, del rimodellamento cranico.
peruparacasIl cranio dell'infante era, cioé, costretto a crescere in uno stampo cilindrico/conico, applicato dalla nascita. La crudele procedura esitava in un modellamento bizzarro della scatola cranica che, a ossificazione completata, assumeva un aspetto piriforme. Le forme coniche furono usate per identificare l'appartenenza tribale del soggetto, cosicché esse differivano in modo significativo da tribù a tribù.

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